Presso la Biblioteca Nazionale Universitaria – Ridotto dell’Auditorium Vivaldi inaugura mercoledì 30 ottobre 2019 alle ore 17 la mostra “The Upcoming Art – da un’idea di Alessandro Marena” part_3. L’esposizione si conclude giovedì 7 novembre con l’assegnazione da parte di una giuria di esperti del Premio Alessandro Marena (alle ore 12) a uno dei dodici artisti in concorso.
L’Associazione Alessandro Marena senza fini di lucro prosegue così il progetto iniziato dal gallerista Alessandro Marena, rivolto agli artisti emergenti provenienti dall’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, organizzando una mostra d’arte contemporanea giunta quest’anno alla terza edizione, e assegnando all’artista più meritevole un Premio – intitolato per l’appunto ad Alessandro Marena – consistente in una somma in denaro da investire, da parte dell’artista vincitore, in formazione o nella realizzazione di una nuova opera d’arte.
Per realizzare il progetto l’Associazione Alessandro Marena ha instaurato una preziosa collaborazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, istituzione d’eccellenza del territorio e partner ideale per realizzare il progetto e un dialogo con la fiera d’arte “Artissima” – fondamentale appuntamento annuale per l’universo dell’arte contemporanea a Torino e non solo, includendo il progetto nella comunicazione degli eventi paralleli ad Artissima. Nel 2019 l’Associazione ha ottenuto un contributo importante da parte della Fondazione CRT, aggiudicandosi il Bando Esponente.
Il target della mostra e del premio è costituito dagli studenti dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino iscritti al biennio di specializzazione e ai neodiplomati da un massimo di due anni.
Con bando pubblicato dai canali dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e dell’Associazione Alessandro Marena, gli artisti sono stati invitati ad inviare le proprie candidature, poste sotto forma di curriculum vitae e breve concept di un progetto artistico, entro il giorno 31 maggio 2019.
In seguito un comitato scientifico di specialisti ha valutato le candidature pervenute e ha selezionato gli artisti più meritevoli, comunicando gli esiti della selezione al candidato entro il giorno 30 giugno 2019.
Gli artisti individuati sono dodici:
Alba (CN), 1998. Vive e studia a Torino.
Dopo il diploma al liceo artistico Pinot Gallizio di Alba, Margherita Caldiero ha frequentato l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino con indirizzo pittura. Giunta al terzo anno, il medium che usa più frequentemente è la tela grezza, non intelaiata. L’attitudine a sperimentare e la curiosità di indagare nuovi materiali da utilizzare per i suoi lavori, l’hanno però portata a confrontarsi anche con il linguaggio scultoreo (Paratissima 2018).
L’opera “Totem1” è un asse di legno che, sviluppandosi verticalmente consente una “narrazione” veicolante, come dice la stessa artista “un pensiero molto confuso e pesante e che alla fine ha trovato una via per alleggerirsi”. La tavola, alta all’incirca due metri e larga solo una trentina di centimetri, è incisa con forme vegetali e segni che rimandano a quell’arte primitiva che con la sua istintività espressiva, sganciata dalle leggi prospettiche e dalla fedeltà all’oggetto, tanto ha affascinato le avanguardie europee dei primi del ‘900. I motivi vegetali, realizzati direttamente con sgorbie da incisione, talora sono evidenziati con gessi e pastelli ad olio per creare un effetto di maggiore contrasto.
Torino, 1994. Vive e studia a Torino.
Ex studente del Corso di Laurea in Filosofia presso l’Università di Torino, frequenta il corso di scultura dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Concentra la sua ricerca sul rapporto tra l’arte e la contemporaneità sociopolitica, scientifico-filosofica e l’ecologia, ponendo particolare attenzione allo sviluppo tecnologico in relazione ai mutamenti dei sistemi sociali. Ha partecipato a numerose mostre collettive, come alla recente “The future is never too far” presso la Galleria Riccardo Costantini Contemporary, a progetti site-specific, a workshop e a iniziative in ambito critico-curatoriale. L’installazione “Artide” è composta da un’immagine “free use” trovata sul web che raffigura il segno del passaggio di una nave “rompighiaccio” nell’Artico. L’artista ne ha modificato il formato fino a trovarne uno che potesse essere letto da un editor di testo. Il risultato è stato una serie lunghissima di codici. Successivamente ha corrotto la fotografia dal suo interno, in maniera irreversibile, aggiungendo numeri e parole in codice. Il parallelismo evidenziato è tra il riscaldamento globale, che sta danneggiando irrimediabilmente il pianeta, e il suo gesto irreversibile nei confronti dell’immagine. Le fotografie “pittoricamente” rovinate sono apparse infatti impoverite nella dimensione dei ghiacci e nella qualità. La scelta di mostrare queste immagini su un supporto così inusuale, una struttura costruita a partire da un deambulatore ortopedico, deriva dalla funzione stessa dell’oggetto, ausilio al movimento. L’artista pensa al riscaldamento globale come ad una malattia, affatto irreversibile, da cui si possa guarire a patto di ricevere un grande aiuto, quello dato da ognuno di noi.
Moncalieri (TO), 1999. Vive e studia a Torino.
Dopo il diploma presso il Primo Liceo Artistico di Torino, nel 2018 Lorenzo D’Anella si è iscritto al corso triennale di pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. La pittura su carta rappresenta al momento il mezzo espressivo che predilige e per il quale utilizza anche penne, matite, pastelli e stucco. In mostra è presente con il dipinto “Composizione n.1”. Le figure inquietanti e stilizzate, i tratti “infantili”, i segni primordiali di questo lavoro strizzano l’occhio a ricerche passate, una su tutte il Neoespressionismo (tedesco). La confusione, richiamata dal titolo stesso, il rumore dell’immagine che pare consumarsi dietro il ruvido trattamento pittorico e l’uso di una pennellata istintiva e veloce restituiscono un senso di inquietudine e incertezza.
Alba (CN), 1994. Vive ad Alba e studia a Torino.
Laureata in grafica d’Arte nel 2017 presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, Carola Eirale ha proseguito gli studi con il biennio specialistico nel medesimo corso. Strettamente legata alla fotografia, alla danza, e a qualsiasi elemento animato da luci e ombre, la sua poetica prende l’avvio dal concetto di traccia per sviluppare una ricerca
sulle radici. Per Carola la musica è mezzo fondamentale, fattore innescante la creazione stessa. Utilizzando il suo corpo come una sorta di cassa di risonanza per la musica che “riceve”, l’artista si prefigge di trasporre il proprio sentire in un’immagine visiva. Nella sua incisione calcografica “VV (…)”, acronimo di “Voce del verbo”, omonimo brano musicale di Ermal Meta, l’artista ha cercato di fissare ogni “passo” generato dalle note dandogli una forma. Il risultato è una coreografia permanente, enfatizzata dal colore nei suoi passaggi salienti. La composizione, irrazionale e impulsiva, dove densi, quasi pastosi, schizzi rossi e neri, realizzati con la tecnica del “dripping” si stagliano su tracce profonde, incise per l’appunto, è una danza simbolica su candido sfondo.
Agnese Falcarin
Acqui Terme, 1998. Vive e studia fra Canelli e Torino.
Dopo essersi diplomata al liceo artistico Pinot Gallizio di Alba, ha iniziato un nuovo percorso di studi all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dove è iscritta al terzo anno della scuola di scenografia.La sua grande passione è il teatro e l’ideazione per esso di elementi scenici, dalla vera e propria scenografia alla costumistica, sino alle marionette-pupazzi del teatro di figura. Lavora in coppia con Erica Suzzarellu dall’inizio della sua avventura
accademica. Con lei presenta il video “Ballad Of The Soldier’s Wife”.
Il video prende spunto dalla canzone del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht e del compositore tedesco Kurt Weill “Und Was Bekam Des Soldaten Weib?” del 1943. Quest’ultima fu interpretata nel corso degli anni da diversi autori tra i quali la cantautrice britannica PJ Harvey la cui voce anima il video di Falcarin e Suzzarellu. Il “muppet” in
gommapiuma, realizzato e manovrato dalle artiste, pur nella sua minima libertà di espressione (si muovono soltanto la bocca e gli arti superiori), restituisce la ferrea denuncia degli orrori della guerra. Il disincanto che porta in scena infatti esula da quegli atteggiamenti ludico-umoristici al quale si è avvezzi.
Erica Suzzarellu
Stella (SV), 1998. Vive e studia a Torino.
Iscritta al terzo anno del triennio di scenografia teatrale, Erica predilige il disegno a mano libera, solitamente a grafite, anche se ultimamente sta sperimentando il disegno a penna e in digitale. Ama molto esprimersi anche attraverso l’acquerello. Con la sua collega Agnese Falcarin, dopo aver condiviso tempi di studio e progetti legati all’accademia, ha iniziato a lavorare assieme accorgendosi di essere in sintonia e di completarsi vicendevolmente nell’ideazione dei lavori. Con lei presenta il video “Ballad Of The Soldier’s Wife”.
Teheran, Iran, 1981. Vive e studia a Torino.
Bahar Heidarzade si è laureata in pittura all’Università d’Arte di Teheran. Nel 2013 si è trasferita in Italia e nel 2016 ha conseguito la Laurea Triennale in pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino per poi proseguire con il Biennio Specialistico. Nel corso degli anni ha realizzato numerosi lavori inerenti il ruolo della donna nelle differenti culture, il tema della migrazione e il legame fra arte e natura. Bahar si esprime con i linguaggi dell’installazione, della fotografia, della pittura e della performance. Per quest’occasione presenta una grande tela realizzata con tecnica mista dal titolo “La memoria”. Il ricordo del tempo andato è tema ricorrente della sua ricerca. Nelle sue opere fotografiche le figure sono cancellate per lasciar spazio soltanto al luogo che diventa memoria universale. Anche nei dipinti le figure, le stesse riprese dagli scatti, non sono definite, ma rese semplicemente da pennellate bianche e i volti sostituiti da una foglia d’oro. Gli individui, privati della loro identità, rappresentano ognuno di noi e evocano ricordi universali. La natura è resa con colori tenui e rilassanti e alle tradizionali pennellate si affianca l’utilizzo di sali fotografici, colla e collage. In alcune opere la scena tende quasi a scomparire, ricoperta da un velo bianco, come i nostri ricordi che, pian piano, con il passare del tempo, si affievoliscono sempre di più.
Torino, 1997. Vive e studia a Torino.
Statunitense da parte paterna e italiano da quella materna, Tazio Kastelic, dopo gli studi liceali nello Utah, nel 2016 inizia il triennio di Progettazione Artistica per L’impresa presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, diplomandosi nel 2019. In questi tre anni mantiene sempre un approccio “multimediale” al processo creativo, arrivando a sperimentare contesti di realtà virtuale. Nel 2017 partecipa a “D come Accademia” presso l’Accademia Albertina e l’anno successivo espone il suo “Dispositivo #01” presso la “Manica Lunga” della stessa accademia. A partire dal 2017 partecipa a diverse mostre tenute presso lo spazio indipendente torinese Kspaces. Il lavoro che presenta in questa sede si intitola “Kanaga” ed è composto da 3 fogli da lucido disegnati con matite colorate. La figura riprodotta in ogni supporto, seppur mutata nei colori e nelle dimensioni, pare riconducibile sempre ad una stessa tipologia fisica dai tratti vagamente antropomorfi/zoomorfi. Si tratta di un simbolo che nell’ultimo anno è emerso nella vita dell’artista in diverse, casuali, circostanze. Archetipo misterioso di difficile classificazione, essa diventa una trasfigurazione lirico-poetica dell’immaginazione creativa dell’artista.
Albenga (SV), 1993. Vive e studia a Torino.
Elena Mantello si è laureata a luglio 2019 in scultura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Diplomata precedentemente in scultura presso il Liceo Artistico Arturo Martini di Savona, ha sviluppato le sue conoscenze tecniche attraverso la sperimentazione di vari materiali, dai più tradizionali, come ceramica, gesso, marmo e bronzo ai più contemporanei quali resine e gomme. Ha recentemente preso parte alla mostra “The Future is Never too Far” presso la galleria Riccardo Costantini Contemporary. La sua ricerca evidenzia una forte volontà di far comunicare la cultura occidentale con le culture altre. Per abbattere certi pregiudizi e barriere mentali, l’artista crea immagini e momenti che stimolano la condivisione e la sperimentazione. Ha così identificato nell’installazione il linguaggio più congeniale ai suoi scopi. L’opera “45°04’N 7°42’E” è una composizione modulare, pensata per uno spazio circoscritto in un rettangolo, suddiviso in una griglia geometrica immaginaria, dove ogni sezione corrisponde ad un’area della cartina geografica dell’Africa. Piastrelle di pietre differenti, hanno scolpiti i chilometri di distanza dall’origine del materiale, quindi dal Continente Nero a Torino. L’opera indaga lo spostamento dei materiali di uso nell’edilizia e di
come oggi sia semplice reperirli. Se da un lato si sono abbattute le barriere geografiche per dar la possibilità di transitare qualsiasi risorsa da un capo all’altro del mondo, dall’altro nessuno si preoccupa di come essa viene prodotta o prelevata. Tra gli obiettivi dell’installazione c’è quello di spingere l’osservatore a non fermarsi alle apparenze ma a
conoscere ciò che ha davanti ai suoi occhi anche attraverso un’esperienza sensoriale. I materiali utilizzati nell’installazione sono pezzi di scarto e il loro continuo reperimento caratterizza una ricerca in fieri.
Alghero, 1995. Vive e studia a Torino.
Giuseppe Mulas si è trasferito a Torino per intraprendere gli studi in pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti. Ha recentemente preso parte alla mostra “The Future is Never too Far” presso la galleria Riccardo Costantini Contemporary. La pittura è il principale medium con cui esprime una ricerca fortemente autobiografica che procede per lo più attraverso cicli di opere. Le fasi più intime della sua vita, dall’infanzia all’adolescenza vengono ripercorse
attraverso dipinti compositi e articolati che si avvalgono di una pittura gestuale dalle pennellate libere e dense.
Quest’ultime tratteggiano un’antologia stilizzata dove i temi dell’omosessualità, della generica sessualità, della crisi esistenziale, della violenza e della discriminazione di genere costituiscono spunti ricorrenti. Le difficoltà incontrate nella ricerca di un personale collocazione sociale vengono rappresentate tramite oggetti simbolici quali le banane,
gli ananas e le palme. L’aspetto ironico e ridicolo è una deriva ideologica del pregiudizio e una difesa nei confronti delle semplificazioni di genere. Il corpo, nei suoi differenti stati, dall’essere oggetto puramente ludico a fonte di dolore, è il protagonista indiscusso di ogni tela. A lui si affiancano pochi, emblematici, elementi, custodi silenziosi di segreti più profondi. La sua tela “I like to wear your flip-flops” si inserisce all’interno di questa ricerca.
Chivasso (TO), 1992. Vive e studia a Firenze.
Marco Poma nel 2019 ha conseguito il diploma di 2° livello in grafica presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Si è recentemente trasferito a Firenze per prendere parte ad un corso di specializzazione in incisione presso la Fondazione Il Bisonte. La sua ricerca si focalizza sull’utilizzo delle tecniche calcografiche tradizionali, quali acquaforte e acquatinta combinate a tecniche digitali nella fase di progettazione.
L’opera in mostra, “Cella”, unisce tecniche di stampa differenti. Partendo da una progettazione digitale, l’artista ha sviluppato dei negativi dell’opera, in seguito impressionati su telaio serigrafico fotosensibile. Al posto della vernice serigrafica è stata passata sul telaio una vernice coprente antiacido che lascia uno stampo sulla lastra che, successivamente, viene incisa tramite acquatinta. Il procedimento si ripete per ogni livello tonale necessario.
L’immagine finale, costruita seguendo lo schema dei meridiani e dei paralleli del pianeta, vorrebbe rappresentare la propria casa/città/società alla maniera del pianeta terrestre e, allo stesso tempo, come una cella in cui si può rimanere ingabbiati.
Bordighera (IM), 1994. Vive e studia a Torino.
Dopo i suoi studi pittorici presso l’Accademia di Belle Arti di Sanremo, dove si è diplomata nel 2017, Ambra Scali ha frequentato i corsi di “ceramica” e di grafica “2De3D” al Pavillon Bosio, Ecole Supérieure d’Arts Plastiques di Montecarlo. Nel 2017 si è iscritta all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino – biennio specialistico in Scenografia teatrale.
Ambra presenta fotografie di piccolo formato della serie “Quanto l’essere umano fa schifo”, immagini scattate a vari agglomerati di spazzatura tra l’Italia, l’India, l’Olanda e la Francia. Volendo rimarcare le gravi conseguenze che il malcostume diffuso sta apportando al pianeta, l’artista invita lo spettatore ad avvicinarsi e ad “entrare” negli scatti di piccolo formato. Il progetto artistico, che sta crescendo a livello esponenziale, ammicca anche al lato estetico di certi accumuli quasi a rimarcarne la “sensibile” genesi umana.
- la fondatrice dell’Associazione Alessandro Marena, Franca Pastore Marena
- il direttore dell’Accademia Albertina di Belle Arti, Professor Salvo Bitonti
- la direttrice della Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea Artissima di Torino, Ilaria Bonacossa
- il coordinatore del programma di arti visive di Combo, Bruno Barsanti
- l’artista Franko B
- la direttrice di Quartz Studio, spazio no-profit per l’arte contemporanea di Torino, Francesca Referza
Durante la prima edizione – sempre organizzata negli spazi della Biblioteca Nazionale di Torino e sempre a cura della giornalista Monica Trigona – il Premio Alessandro Marena è stato conferito dal pubblico a Ovidiu Vasile Boc mentre la giuria lo ha assegnato a Vu Ju Ka. La seconda edizione, curata da Luca Beatrice, si è tenuta nel 2015 presso l’Hotel Principi di Piemonte di Torino e in quell’occasione la giuria ha designato come unico vincitore Domenico Antonio Mancini, tutt’oggi rappresentato dalla Galleria Lia Rumma di Napoli.
L’obiettivo della mostra, intitolata “The Upcoming Art – da un’idea di Alessandro Marena”, è quello di aprire un varco sulla creatività contemporanea in via di definizione, che sta acquistando man mano una propria fisionomia, e che, dalla pittura alla scultura, dall’installazione al video, lascerà un segno nel futuro panorama locale e nazionale.